pasquale kovacic
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La filosofia
A cura di pasquale kovacic
Tutti abbiamo sentito parlare almeno una volta di filosofia, ma sappiamo bene di cosa si tratta?
Analizziamo bene definizione, significato e applicazione nella vita reale.
Definizione di “filosofia”:
“Attività spirituale autonoma che interpreta e definisce i modi del pensare, del conoscere e dell’agire umano nell’ambito assoluto ed esclusivo del divenire storico.
L’insieme dei principi, delle idee e delle convinzioni sui quali una persona o un gruppo di persone fondano la propria concezione della vita.”
Quindi, si tratta di pure interpretazioni, che formano idee e convinzioni personali che definiscono il pensare e l’agire di singoli o di gruppi, che divengono fondamento della propria concezione della vita.
Quindi, qualcosa di “soggettivo” che diventa “oggettivo”.
La derivazione latina “philos-sophia”, nella forma contratta “philo-sophia” che intende:
philo → Amore;
sophia → sapienza
e quindi “Amore per la sapienza” è in realtà una trasposizione letterale del più antico greco “philia-sophia”, dove i “sapienti” erano i “sòphoi”, quindi:
sophia = sapienza, è corretto.
Il prefisso “philia” però, nella polisemia della lingua greca, non è legato ad un solo concetto di Amore, ma anche ad altre accezioni dello stesso termine, tra cui “Eros” e ad altri diversi significati come “mancanza, bisogno”.
In effetti la locuzione greca “philia”, in italiano è utilizzata, come prefisso se la trasposizione letterale è “filo” e come suffisso se la trasposizione letterale è “filia”, ma in entrambi i casi, non è sinonimo di “Amore”.
La “emo-filia”, non è “Amore per il sangue”, bensì una malattia dove vi è la “mancanza” di fattori plasmatici, che permettono la coagulazione del sangue.
La “pedo-filia”, non è “Amore per i bambini”, bensì, una depravazione psichica, che prevede che il soggetto che ne è affetto, abbia “bisogno” della presenza di bambini per eccitarsi sessualmente.
Quindi, se andiamo sempre a monte, il significato di “philia-sophia”, “philo-sophia” e quindi “filo-sofia”, è “mancanza/bisogno di sapienza”.
E’ anche vero, che termini simili a “filosofia”, come “filo-drammatico”, o “filo-diffusione”, intendono il prefisso (latino e non greco) “filo”, come una “simpatia per” o “simpatizzanti di”, oppure ancora, “dilettanti” o coloro che semplicemente “seguono” qualcosa:
– i “filo-drammatici”, sono “dilettanti d’Arte drammatica”;
– la filo-diffusione, è qualcosa che viene diffuso attraverso un ”filo”, che sia reale o virtuale, ovvero qualcosa che deve essere “seguito”, nel senso più appropriato del termine, che indica un “ascolto” e che quindi coinvolge l’attenzione.
Così il famoso “filo di Arianna”, una metafora che intende che seguendolo a ritroso fa ritrovare una strada altrimenti persa.
Ma “simpatizzare”, “dilettarsi” o “seguire” sono caratteristiche che non hanno niente a che vedere né con l’Amore, né tanto meno con la sapienza; anzi, evincono sempre di più una non conoscenza, quindi una mancanza e un bisogno di imparare.
E anche volendo considerare la filosofia “Amore per la sapienza”, come da locuzione latina, “amare la sapienza”, non vuol comunque dire “possederla”, ed è quindi ben lontana dal concetto che vorrebbe esprimere.
Quindi, se come da definizione, la filosofia è una:
“Attività spirituale autonoma che interpreta e definisce i modi del pensare, del conoscere e dell’agire umano” […] e “L’insieme dei principi, delle idee e delle convinzioni sui quali una persona o un gruppo di persone fondano la propria concezione della vita”,
coloro che la studiano, la esercitano e la diffondono, oltre a non essere “possessori di verità”, non sono nemmeno, “amanti della sapienza”, ma soltanto, “amanti delle interpretazioni personali”.
Ma allora perché le interpretazioni di alcuni, ritenuti “grandi filosofi” hanno più valore di quelle di altri?
Se l’interpretazione è una visione personale, che sostituisce il vero sapere, perché assume un’importanza addirittura universitaria?
Cosa ce ne facciamo di una laurea in “non sapienza” o in “mancanza/bisogno di conoscenza”?
Possiamo vedere come sia ben strutturato e onnipresente un meccanismo preciso, che ha la chiara intenzione di sostituire la verità con qualcosa di totalmente astratto.
Ma quando parliamo di “non conoscenza”, automaticamente, parliamo di qualcosa di destabilizzante per la vita di tutti, ma di molto utile ai fini del controllo sociale: l’ignoranza.
Definizione di “ignoranza”:
“Inconsapevolezza o incompetenza più o meno consapevole; condizione determinata dalla mancanza di istruzione o di educazione.”
Esiste però un altro termine che è ritenuto sinonimo di “ignoranza”, che se analizzato contestualmente, ci aiuta ad allargare la visione concettuale e a visualizzare uno scenario molto più completo e comprensibile, che delinea una condizione intellettuale vera e propria, in cui i due termini non sono offensivi, come sempre viene percepito, bensì illuminanti; ovvero “insipienza”.
Definizione di “insipienza”:
“L’ignorare determinate cose, per non essersene mai occupato o per non averne avuto notizia. Di persona che non sa, o sa poco di ciò che dovrebbe sapere, che vive nell’ignoranza e non si cura di illuminare il proprio spirito; indica spesso uno stato di sordità intellettuale e di cecità morale.”
Quindi, l’ignorare assume tre diversi aspetti:
– colui che non conosce e quindi non si può porre il problema;
– colui che non conosce e non gli importa di conoscere;
– colui che conosce ma ignora volontariamente.
Quindi l’ignorante, non è necessariamente colui che non conosce, ma anche l’insipiente, ovvero colui che non vuole conoscere; che ignora la conoscenza, nel senso di un’azione commessa volontariamente.
E che cosa succede di norma, quando qualcuno ignora sia consapevolmente che inconsapevolmente?
Succede che è portato a costruire nella propria mente, una visione personale delle cose, ovvero, crea una sua personale “filosofia di vita”, ed è convinto di sapere, atteggiamento molto fastidioso, che più meno tutti nella nostra vita abbiamo incontrato, ma di cui non ha colpa, perché è puramente voluto, per impedire anche solo di pensare, che possa esistere una verità celata e di dedicarsi alla sua ricerca. Quindi:
Filosofia = Ignoranza/Insipienza
Conoscenza → Sapienza = Consapevolezza del “non sapere”
Chi vuole una bella laurea in “bisogno di sapienza” o in “ignoranza” o “insipienza”?
Purtroppo la “conoscenza”, a volte costringe a dire cose scomode e poco piacevoli; ma provocazioni a parte, fatte naturalmente senza nessuna cattiveria, dobbiamo considerare che queste non sono interpretazioni, è ciò che è scritto sui Dizionari, quindi ciò che determina, appunto, la “conoscenza” dei significati dei termini in tutte le loro accezioni ed etimologie.
O vanno forse interpretate anche quelle?
La cosa davvero importante, è che la conoscenza sia veritiera e alla portata di tutti; quindi, o si prende atto di ciò che è scritto nei Dizionari, oppure, se le cose non stanno così, che vengano riscritti!
Chi non conosce studia, non per 5 o 10 anni, ma senza mai smettere di farlo, perché la vera conoscenza non ha limiti, e non ha confini; può avere una partenza ma non un arrivo.
Non si può sapere tutto, non perché non sia possibile, ma principalmente per tre motivi:
– il tempo che dedichiamo alla conoscenza è insufficiente;
– comunque la nostra vita è troppo breve per arrivarci;
– esiste ciò che deve essere ancora scoperto.
Pensate che proprio Platone, che insieme al suo Maestro Socrate e al suo allievo Aristotele, fu uno dei padri del pensiero filosofico è il primo sostenitore di tutto ciò.
Tratto dal “Libro della creazione” di Igor Sibaldi:
“Un paio di secoli prima di Platone, in Egitto avevano soggiornato i primi pensatori greci, i cosiddetti “pre-socratici”, che Platone amava a tal punto, da ritenere che soltanto loro in Grecia avessero posseduto la sapienza – in greco “Sophia” – e che li potesse perciò chiamare “Sòphoi”, cioè “Sapienti”, mentre dopo di loro non fosse rimasta che la “philo-sophia”, cioè il bisogno, la nostalgia della vera sapienza, di cui si era perduto l’accesso.”
E consapevole di tutto ciò, fu proprio Socrate, il Maestro di Platone ad affermare:
“Io so una sola cosa, di nulla sapere.”
Più chiaro di così!
Quindi una “filosofia di vita”, NON E’, la vita come funziona veramente in relazione a se stessa e alla Natura, bensì un’interpretazione personale del “concetto di vita”, atta a compensare la mancanza e il bisogno di sapere il vero significato di tale concetto.
Allargando la riflessione, possiamo notare come in tutto ciò che riguarda la vita delle persone, la filosofia, abbia preso il posto della verità e di come tutti i retaggi culturali siano solo delle filosofie.